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Racconti

I levrieri di Gaston Phébus

Gaston de Foix, detto Phébus (1331-1391) gran signore medievale, sire della contea di Foix e d’importanti territori fiancheggianti l’Aquitania, redisse "Il libro della caccia".

La prima parte è una vera e propria miniera di informazioni sull’arte della caccia, mentre la seconda riguarda la natura dei cani ed il loro addestramento; un vero e proprio trattato cinegetico, che contribuisce così alla storia della cinofilia.

Phébus ama in modo particolare il rapporto con i suoi cani, egli ne possiede milleseicento.

Allo snello ed elegante levriero, il grande cinofilo tributa un vibrante omaggio alla specie: «E dice, l’animale più nobile, più ragionevole e saggio che Dio abbia mai creato e dal paragone, non escludo in molti casi, né l’uomo né qualsiasi altra cosa».

Inoltre giudica il levriero "cortese e incapace di tradire... salvo nei riguardi degli animali selvatici, per i quali deve essere fellone, sprezzante ed ardito.

Chiunque voleva far piacere a Phébus, regalava levrieri provenienti dall’Inghilterrra, che si aggiungevano così a quelli, di tutte le razze e di tutte le taglie, che già si trovavano nei suoi canili: levriere, levrieri a pelo raso o a pelo lungo come i grigi e ricciuti irlandesi.

Nell’immagine si evidenzia la cura con cui venivano realizzati i collari per i suoi cani ed i canettieri dovevano imparare l’arte e la maniera di bendare per ridurre le fratture o di tagliare le unghie con piccole teneglie.

Quando le zampe erano ferite e doloranti, non c’era niente di meglio di un pediluvio con acqua salata o con una preparazione a base di aceto mescolato a fuliggine.

Tratto dal “Libro della caccia di Gaston Phébus”, edito dalla “Bibliothèque de l’Image”

Folliculus e il suo greyhound

Folliculus, un cavaliere, era patito della caccia e dei tornei. Aveva un solo figlio, che era accudito da tre balie. Dopo suo figlio, amava tantissimo il suo falcone e il suo greyhound.

Accadde un giorno che fu chiamato ad un torneo, andarono anche sua moglie ed i domestici, lasciarono il piccolo nella culla, il greyhound sdraiato accanto a lui e il falcone appollaiato su una pertica.

Un serpente, che viveva in una tana vicino al castello, approfittando del profondo silenzio che regnava, si avvicinò furtivamente all’abitazione, avanzò verso la culla per divorare il bambino. Il falcone, percependo il pericolo, cominciò a sbattere le ali fino a che il cane si rese conto di ciò che stava accadendo, istantaneamente il greyhound attaccò l’invasore e dopo un feroce conflitto, nel quale fu a sua volta ferito, lo uccise. Esausto, il cane si sdraiò sul pavimento per leccare e cicatrizzare le sue ferite.

Quando tornarono le balie, trovarono la culla sottosopra, il bambino buttato fuori ed il pavimento coperto di sangue, come anche il cane; immediatamente conclusero che il greyhound avesse ucciso il bambino.

Terrificate all’idea di incontrare l’ira dei genitori, decisero di scappare, ma il loro coraggio crollò con la loro padrona, la quale le obbligò a riferire il presunto omicidio del bambino da parte del greyhound.

Presto arrivò il cavaliere e ascoltò la brutta storia, furioso come un matto, balzò davanti al cane insanguinato.

Il povero animale fedele e ferito, fece uno sforzo per alzarsi, per dare il benvenuto al suo padrone con le abituali tenerezze, ma il cavaliere infuriato lo colpì con la punta della sua spada ed il cane cadde privo di vita sul pavimento.

Esaminando la culla, il bimbo fu trovato vivo e illeso, con il serpente morto accanto a lui. Il cavaliere capì immediatamente cosa accadde, amaramente pianse sopra il corpo del suo fedele cane e accusò se stesso di avere così precipitosamente creduto alle parole di sua moglie.

Abbandonò la professione delle armi, ruppe la sua lancia in tre pezzi e fece voto di compiere un pellegrinaggio in Terra Santa, dove trascorse il resto dei suo giorni in pace.

Tratto da “Gesta Romanorum” (the English Gesta), capitolo 32